RIQUALIFICAZIONE UMANA / URBANA
abbiamo chiesto ai nostri artisti una riflessione
sulla propria responsabilità rispetto alla necessità
di formare un nuovo pubblico attraverso nuove
pratiche e nuove estetiche.

In queste pagine vi invitiamo a partecipare a tale
riflessione, o semplicemente a lasciarci un vostro
ricordo (parole, immagini, video) se vi siete
imbattuti per caso in ALTO FEST.

A VOI LA PAROLA

venerdì 26 agosto 2011

Nuovo Pubblico Nuove Pratiche / Serena Gatti Azul Teatro

foto di Francesca Paciello

Serena Gatti

Nuovo pubblico nuove pratiche. Qualche parola di contributo.
Non è il teatro che è necessario,
ma assolutamente qualcos'altro:
superare le frontiere fra me e te
per arrivare ad incontrarci,
per non perderci fra la folla,
né fra le parole,
né fra le dichiarazioni,
né fra idee graziosamente precisate.”

J. Grotowski

Arrivare ad incontrarci
L'arte dell'incontro. Un incontro con l'arte.
La lingua che parliamo è necessità. Diversi per origine, formazione, idee ed esperienze, i gruppi che si incontreranno ad Alto Fest condividono la necessità di fare teatro e danza - e di farlo secondo un'etica che difendono. Un progetto che non cerca di colonizzare i destini ma che
intreccia i percorsi: perché seguire la propria vocazione sia sempre più una pratica e una cultura diffusa, perché la cultura sia la capacità di riflettere sulle proprie scelte quotidiane. Le prime parole sono emergenza, amare e voler conoscere. Sono parole che organizzo sempre di nuovi significati. Cerco di pensare altre parole, mettere a fuoco delle immagini e un modo di pensare all'arte (e contemporaneamente all'essere) che sia fresco, rinato, rianimato, un pensiero contento, se i pensieri hanno emozioni. Mi piace la frase che dice “diventare autodidatti di libertà”. L'esperienza proposta da Altofest è al tempo stesso professionale e umana appena e si rifletterà sul modo di pensare allo spettacolo, diffondendo luce nuova sulla domanda sempre aperta di come fare teatro. Mi dico che si tratta di presentare se stessi, non rappresentare, non preoccuparsi di dare al pubblico quello di cui crediamo abbia bisogno ma dare le proprie certezze, i propri dubbi, i propri limiti. Il desiderio di trasformazione si esprime in una pratica di formazione continua e continuativa, obiettivo che offre seria validità al progetto. Col tempo e grazie al tempo possiamo trasformarci, iniziare a comprendere, a conoscere una disciplina, sviluppare le dinamiche del gruppo con cui lavoriamo, far crescere idee e potenzialità, rendere sempre più fruttuosi gli stimoli che riceviamo. Questo fa la differenza tra un vizio e la voglia sincera di seguire un cammino.
L'abbondanza di offerta induce come a una pigrizia, l'eccessiva stimolazione e i molti input che ci sono oggi dove abito rendono le persone curiose ma come già pregiudicate. Spesso già all'inizio di un'attività viene applicato il metro del giudizio a priori, senza realmente lasciarsi andare a viverla, assaporarla e correrne i rischi, atteggiamento che rende più facilmente stanchi e insoddisfatti. Le mie esperienze più significative sono avvenute quando ho incontrato il rispetto per il lavoro, una forte disciplina e serietà, la voglia di impegnarsi a fondo senza perdersi in chiacchiere o giudizi di forma, la competenza accompagnata da serenità e voglia di trasmettere. Il clima di lavoro non deve dare l'impressione che gli strumenti e le conoscenze acquisite siano un bene privato, ma al contrario un bene da studiare e praticare insieme, una risorsa di scambio e di dialogo. Tale disposizione d'animo rende possibile lavorare a più livelli, permettendo a una gamma molto varia di persone di partecipare alle esperienze. Altofest è un'esperienza “alta” perché difende la disposizione all'ascolto, all'apertura, a un respiro collettivo, a un palazzo, collettivo.

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